Asesoria en Artesania

Participar en un trabajo de grupo sobre la Innovación en el tema de la Artesania Artistica, nos ayuda mucho a comprender los cambios de tendencias que se han desarrollado en el mercado global. Cuando trabajamos principalmente con los turistas, esos cambios nos implica a todos.

La fuerza de un grupo de intercambio multicultural nos asegura la posibilidad de observar muchos puntos de vistas, lo que nos ayuda a entender mejor la variedad de la demanda, y a encontrar nuestros propios clientes.

Encontrar nuestra manera muy personal de enfrentar los cambios necesarios, nos ayuda a fluir y a nutrir el aspecto mas profundo de nuestra profesión, aclarándonos a nosotros mismos cual es nuestro papel en la Artesania.

Para los que ya están en un recorrido de transformación, pueden ser útiles, también, sesiones individuales, que le apoyen, paso a paso, en las fases más difíciles.



Participating to a work group about Innovation in Artistic Handicraft, helps us to understand the changes of tendencies that are developing in the global market and when we work mainly with turists, this changes involve all of us.

The strength of a group of multicultural exchange provides the possibility to observe many points of view, that helps us to understand better the diversity of demands, and to find our clients.

Finding our very personal way to deal with the necessary changes, helps us to let flow and nourish the deepest aspect of our competence, clarify our role in Handicraft.

For the people that already are in a path of transformation, can be also useful to take individual sessions, that can give a step by step support in the more difficult stages. 





Quando ci si incontra come gruppo, si riuniscono allo stesso tempo similitudini e differenze. Costituire un gruppo basato sulla condivisione di una stessa finalità o passione, non esclude il fatto che ci possano essere differenze di obiettivi, strategie, sensibilità e molti altri aspetti. Ci si serve quindi di strutture per governare le dinamiche che si esprimono a più livelli, quasi sempre inconsci e profondi.
Quella più comune è autorizzare un vertice, che può essere un coordinatore, un facilitatore che avendo esperienza di dinamiche di gruppo, possa contenere tutti i movimenti che accadono senza che si perda di vista l’obiettivo condiviso e allo stesso tempo riesca a proporre un livello di partecipazione della base che sia sufficientemente interessante per mantenere il gruppo vivo.
Le esperienze che stanno nascendo più o meno istintivamente in questo periodo, dove internet prende molto più spazio che nei decenni passati, incoraggiano le esperienze in “rete”, una struttura che sottintende l’inesistenza di un vertice. In realtà ciò che si vede concretizzare maggiormente sono le strutture miste, che hanno quindi un vertice e allo stesso tempo un grado di partecipazione e di diritto decisionale della base più elevati che in passato. Questo vertice può essere anche costituito da una piccola rete di poche persone a pari livello, oppure con un coordinatore. Le possibilità e gli strumenti organizzativi e decisionali sono infinite.

Chi ha fatto esperienza di dinamiche di gruppo con successo, sa sicuramente che anche se si rinuncia a fare qualcosa nel modo in cui la si farebbe da soli, il premio che si riceve affidandosi ci ripaga con un risultato impareggiabile. Questo risultato può essere notevolmente superiore alla somma dei singoli risultati ottenibili.
L’energia che si crea apre nuove possibilità per tutti: ciò che si sperimenta è il potenziamento di ognuno in un’atmosfera creativa e non competitiva. 
Ciò che può interrompere questo flusso, che può essere percepito come un incantesimo, può essere semplicemente l’incapacità di governare eventuali conflitti da parte del coordinamento, oppure, nel caso di una rete senza vertice, il fallimento può essere dovuto semplicemente alla mancanza di regole del gioco definite. Talvolta l’inizio di una esperienza circoscritta può avere successo anche senza regole, per l’alchimia di una situazione che però, quando non viene rinnovata nell’identica maniera, scomparendo può lasciare dietro sè confusione e conflitti.

Molto spesso dietro alla magia di una dinamica di gruppo che funziona c’è molto lavoro, molta professionalità ed esperienza sul campo. Non si può dare per scontato che una dinamica in rete sia più espansiva di una dinamica di gruppo gestita da un vertice a cui sta a cuore un alto livello di partecipazione.
Accenniamo qui alcune ricerche fatte da altre culture, una cilena e una statunitense. 
Una struttura di lavoro di gruppo nata dalla fusione di queste due ricerche è stata creata e sperimentata sul campo da Nicoletta Breda durante una serie di seminari condotti in America Latina (dal 2004 al 2008) per il commercio equo e solidale, preparata con lunghe fasi di lavoro a distanza che ha richiesto da parte di tutti i partecipanti un alto grado di coinvolgimento e di fiducia. Dover arrivare ad un prodotto concreto finito, apprezzabile anche dal mercato, che avesse chiaramente il sapore dell’incontro di più culture è stata una grande sfida e uno stimolo che ha consentito a tutte le forze di superare i confini conosciuti, la cosiddetta “zona di comfort”. Avere l’opportunità di lavorare con culture dove questa zona di comfort non è molto grande per via delle circostanze di tipo storico e sociale, lasciando comunque spazio alla dignità e alla cultura di interscambio, è di per sè un’esperienza di formazione sulle straordinarie capacità creative delle persone.

Il sociologo Marcos Valdes insieme a Salvador Millaleo, nel 2002 ha messo a punto una ricerca che si rivela attualissima anche perché porta con sé principi molto validi ancora poco applicati nello stile comune di gestione delle dinamiche di gruppo. Il tema riguarda la partecipazione come cammino a più livelli, specialmente quando l’incontro si svolge tra realtà molto differenti tra loro: nel caso della ricerca in questione lo scopo era l’integrazione dell’etnia Mapuche all’interno del tessuto socio-culturale cileno.
Soprattutto quando una delle parti ha più potere, che sia a livello economico, decisionale o altro, si individua un cammino possibile che gradualmente tende a portare le parti ad un livello più “orizzontale”, unico possibile per poter parlare veramente di “partnership” e “autogestione”, che sono i livelli più alti raggiungibili.
Il livello più basso, tanto per intenderci, viene chiamato “manipolazione”, dove la partecipazione viene considerata -una opportunità di indottrinamento e imposizione di idee e credenze sulle situazioni, obiettivi e strategie. Su questa forma si inserisce la partecipazione per ottenere risorse, dove la gente partecipa per ottenere per esempio lavoro, cibo, denaro o altri incentivi-. 
In mezzo a questi ci sono livelli in crescita chiamati “informazione”, “consultazione”, “costruzione di consenso”, “presa di decisioni”, “assunzione dei rischi o responsabilità condivise”, in una scala che viene consigliato percorrere gradatamente in modo che i partecipanti acquistino dimestichezza e chiarezza rispetto a ciò che sta avvenendo. Passare bruscamente soprattutto da livelli alti a quelli più bassi può creare confusione e distruggere tutta la fiducia costruita nel tempo.
Lavorare sperimentando questo metodo di lavoro in qualsiasi ambito concreto, anche meno impegnativo di quello in cui questa struttura di lavoro è nata, consente di percepire chiaramente come l’esperienza di autogestione, e quindi le esperienze in rete, siano il prezioso frutto di un cammino faticoso che non nasce dal nulla.

Daniel Goleman insieme a Richard Boyatzis e Annie McKee, nel libro “Essere leader” forniscono una struttura di lavoro e di misurazione molto interessante di quella che chiamano “Intelligenza emotiva”. Si elencano competenze personali e competenze sociali, invitando le persone a fare un’autovalutazione di se stesse.
Qui si trova un interessante intreccio con gli studi proposti da Marcos Valdes, che in un’altra ricerca dà indicazioni per fare un’autovalutazione dei progetti sociali, sottolineando che troppo spesso, anche quando ricevono investimenti di denaro a fondo perduto, i progetti stessi mancano di una parte finale che ne valuti la ricaduta effettiva sul territorio.
Per Goleman, autovalutarsi rispetto alle proprie capacità produce nei partecipanti ad un gruppo un grado di consapevolezza maggiore di quanto produca essere valutati da altri, soprattutto quando c’è la possibilità di verificarlo sul campo e quando il gruppo ha una conduzione sufficientemente orientata alla partecipazione.
Tra le competenze personali vengono valutati elementi di -consapevolezza di sé- come la fiducia e nel capitolo -gestione di sé- aspetti quali la trasparenza e l’adattabilità. Tra le -competenze sociali- si misura l’empatia, la consapevolezza dell’organizzazione e nella -gestione delle relazioni interpersonali- vengono valutate l’influenza, lo sviluppo delle capacità altrui, la gestione dei conflitti e altri aspetti molto interessanti.
Soltanto leggere l’elenco completo apre la mente verso la ricchezza di potenzialità che è possibile sviluppare in un mondo (o in un gruppo) che decida di smettere di considerare le emozioni come un problema da gestire o che semplicemente voglia uscire dai soliti binari che ci fanno intendere che lottare e competere siano i soli metodi sani per avere a che fare con chi è diverso da noi.

La diversità può essere sinonimo di ricchezza, a patto che si riesca ad uscire dalla stretta dualità “migliore/peggiore”, e si sia in grado di produrre risultati creativi nell’incontro: quindi qualcosa che non sarebbe potuto esistere senza l’apporto di tutte le parti.
Chi nella propria vita ha sperimentato, anche solo una volta, la sensazione dell’efficacia di una buona dinamica di gruppo, probabilmente tenderà a ritenerla possibile, ne sarà attratto e cercherà di costruirla.

Proprio per questo, l’ambito di ricerca sulle dinamiche di gruppo è tra quelli a disposizione dei soci di ri.T.esserci, associazione che come scopo ha l’intreccio di vari aspetti e ricchezze all’interno del singolo individuo, ma anche tra più persone.





Esprimere la propria creatività dà benessere, ci fa sentire vivi e crea la nostra identità.
Senza inoltrarsi in valutazioni che tendono a raggruppare le attività creative in artistiche o artigianali, professionali o hobbistiche, quello che si può notare è che a qualsiasi livello si sperimenti l'espressione di sé, la creatività dà una forma di equilibrio all’interno del vivere quotidiano.
A livello energetico si può dire che esprimere la creatività ci aiuta a far iniziare il movimento dentro di noi: qui nascono l'ispirazione e l'azione che vanno verso l'esterno, e più profondo è questo punto interno, più avviene l'espressione di sé. Quando crediamo di non avere dentro nulla da dire, conviene andare più in fondo: lasciarsi influenzare dalle arti ha la funzione di far risuonare qualcosa dentro di noi, in modo da aiutarci ad espandere i nostri confini.

Qualsiasi modalità si scelga è di per sé nutriente. 
Lo diventa ancora di più quando questo nutrimento si condivide con altri o quando si riesce a trasformare in qualche modo la realtà intorno a noi.
Generare dei figli ad esempio, è il metodo biologico più praticato per esercitare la propria capacità creativa; non è raro che chi non lo fa senta il bisogno di creare qualcosa di diverso intorno a sè, magari nel suo ambito professionale. La vita ha una spinta naturale che procede dal presente verso il futuro, verso la creazione, il dare alla luce.
Anche chi ha figli può sentire un’ulteriore spinta ad usare i propri talenti interni. La somma di tutte queste azioni crea un movimento di espressione del sé.

Si può essere creativi anche in un ambito differente dalle “belle arti”: i talenti infatti sono infiniti.
Quindi ciò che fa la differenza tra ciò che è creativo per noi e ciò che non lo è, può semplicemente essere l’effetto che fa su di noi. Ciò che ci fa sentire più vivi, che crea delle sfide che riteniamo interessanti e che una volta superate ci dà la sensazione di essere più interi, fa sicuramente bene alla nostra salute e alla nostra evoluzione.
Anche quando dobbiamo fare le stesse cose di sempre e ci siamo stufati di farle, ci può venire in aiuto un atteggiamento creativo. Guardare le stesse cose in un altro modo ad esempio, ci consente di viverle ad un altro livello. Ecco come un hobby, o una ricerca su di sè ci aiuta a trovare nuovi punti di vista e nuove risorse per andare avanti più facilmente nel nostro cammino.

ri.T.esserci - percorsi di consapevolezza porta questa immagine simbolica dell’intreccio di tessuti, proprio con questa intenzione. Tutto ciò che siamo e siamo stati può essere sempre intrecciato in modo nuovo, attivando le potenzialità creative insite in ognuno di noi.

No hay comentarios:

Publicar un comentario